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Una recentissima sentenza della Suprema Corte di Cassazione (Cass. Sez. V Penale - Sent. 19 Settembre - 15 Dicembre 2011 n. 2074) ha affermato che utilizzare, da parte del marito nei confronti della moglie in via di separazione, l'espressione "Ti ammazzo" integra gli estremi del reato di minaccia.
Stalking è un termine inglese (letteralmente: persecuzione) che indica una serie di atteggiamenti tenuti da un individuo che affligge un'altra persona, perseguitandola ed ingenerandole stati di ansia e paura, che possono arrivare a comprometterne il normale svolgimento della quotidianità. Questo tipo di condotta è penalmente rilevante in molti ordinamenti; in quello italiano la fattispecie è rubricata come atti persecutori, riprendendo una delle diverse locuzioni con le quali è tradotto il termine stalking. Il fenomeno è anche chiamato sindrome del molestatore assillante.
Le cosiddette parolacce non sfuggono al raggio di punibilità tracciato dal reato di ingiuria solo perché divenute parte del linguaggio corrente. Lo ha stabilito la Sezione Quinta della Corte di Cassazione, con la sentenza 3 agosto 2010, n. 30956, con la quale si è stabilito che, in tema di tutela penale dell’onore, l’accertamento del carattere ingiurioso delle parole proferite implica la valutazione della personalità dell’offeso e dell’offensore, nonché del contesto in cui gli insulti sono stati pronunciati.
In ordine al reato di detenzione di stupefacenti ai fini dello spaccio, l’aggravante specifica di cui all’art. 80 DPR 309/1990 in ordine all’ingente quantità, non può prescindere dal riferimento al principio attivo in esso contenuto oltre che alla qualità della droga ed agli effetti negativi causati agli assuntori.