Sono state così confermate le sentenze di condanna alla multa, oltre che al risarcimento dei danni e alla rifusione delle spese legali in favore della parte civile, emesse dal Giudice di Pace e poi, in grado di appello, dal Tribunale in capo ad un marito accusato di percosse e minacce nei confronti della moglie, unica testimone dei fatti lamentati.
A tal proposito, la Corte ha anche ribadito il principio che "la testimonianza della persona offesa non presenta una affidabilità ridotta, bisognevole di conferme" anche se, come nella fattispecie, la moglie costituitasi parte civile ed in via di separazione, poteva avere un proprio interesse all'esito del processo.
Quanto all'espressione "ti ammazzo", la sua rilevanza penale è determinata dalla configurazione della minaccia come reato di pericolo. Per la sua integrazione basta che il male prospettato possa incutere timore nel destinatario, menomandone potenzialmente la sfera di libertà morale a fronte di una minaccia di morte violenta. A nulla è valso affermare, da parte del marito in sede difensiva, che i coniugi erano soliti insultarsi reciprocamente e che la moglie aveva continuato a vivere con lui ancora per diverse settimane.
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