ACCERTAMENTO TECNICO PREVENTIVO PER RESPONSABILITA' DEL CHIRURGO


Il caso

Il giovanissimo O. Sabatini, da tempo afflitto dalla presenza di una piccola tumefazione scrotale, vinto un comprensibile pudore, decide finalmente di parlare del suo disturbo con i genitori, i quali - sentito il medico di famiglia - fissano immediatamente un appuntamento presso l’ambulatorio di chirurgia pediatrica del locale Policlinico.
I sanitari della struttura, attuati anche gli opportuni accertamenti strumentali, evidenziano un quadro clinico compatibile con la presenza di un varicocele clinico e suggeriscono un approccio chirurgico alla risoluzione del problema. L’intervento viene effettuato di lì a pochi giorni nello stesso Reparto. Stando alla cartella clinica l’iter post-intervento procede apparentemente in maniera regolare con la conseguente dimissione, appena tre giorni dopo l’ingresso in Ospedale.
Cinque giorni dopo O., accompagnato dai propri genitori, si reca al primo controllo clinico. Il medico, riscontrata la presenza di una tumefazione locale, prescrive una terapia farmacologica. Questa tuttavia si rivela sostanzialmente inefficace e la complicanza regredisce solo dopo un mese e mezzo circa. Da quel momento il giovane paziente assiste peraltro ad una progressiva diminuzione di volume del testicolo oggetto dell’intervento e la situazione, pur stabilizzatasi, rimane sostanzialmente invariata anche nel corso dei mesi successivi.
Nel corso di una visita effettuata a distanza di ormai sette mesi dall’intervento, i sanitari del Policlinico, riscontrata effettivamente l’ipotrofia del testicolo, suggeriscono ai genitori di O. di procedere ad un intervento di exeresi con applicazione di protesi, ciò per tentare di alleviare il pesante quadro psicologico implicato dalla nuova anatomia del giovane paziente. O. è infatti ormai adolescente e in una fase così delicata della propria evoluzione, una menomazione di quel genere non può che avere effetti destabilizzanti. I coniugi Sabatini tuttavia, ormai persa ogni fiducia nei curanti, decidono di non avventurarsi almeno per il momento in ulteriori interventi chirurgici e, sentito anche il parere di uno psicologo, cercano di aiutare semplicemente il proprio figlio ad affrontare la sua nuova complessa condizione.
Passano i mesi e il quadro non accenna a migliorare.


La soluzione

I genitori decidono di intraprendere senz’altro una causa contro l’Ospedale e si determinano alla fine a rivolgersi all’avv. Di Palma. Il legale, ricevuti O. e i suoi genitori e ascoltata la loro versione dei fatti, suggerisce loro di munirsi previamente di una perizia medico-legale o specialistica, corredata anche del parere di un medico chirurgo. per scongiurare il rischio di una contestazione troppo generica.
Ottenuta la prima perizia chirurgica, i signori Sabatini richiedono il parere medico-legale di un illustre specialista, il Prof. Zacchia, docente del locale Istituto di Medicina Legale, che pone l’attenzione sulle conseguenze inemendabili, in stretto rapporto di “causa-effetto” con lo scorretto intervento operatorio e sui profili di particolare disagio morale con cui viene vissuta la menomazione in argomento che è innegabilmente di forte impatto emotivo.
Il legale, quindi, tenuto conto della natura manifesta della responsabilità dei sanitari suggerisce ai propri assistiti di proporre una immediata richiesta risarcitoria indirizzandola direttamente all’ente di cura.
Con inattesa celerità l’Azienda Ospedaliera, solo pochi giorni dopo, provvede a riscontrare la raccomandata del legale dei Sabatini, comunicando di aver trasmesso la pratica al proprio broker assicurativo e sollecitando, ai fini della conseguente istruttoria, l’autorizzazione alla trasmissione dei dati sanitari del giovane O.
Solo un paio di settimane dopo la spedizione della liberatoria privacy, arriva infatti una succinta comunicazione della Compagnia assicuratrice dell’Ospedale con cui viene richiesta quantificazione documentata delle richieste completa della relazione medico-legale e della certificazione medica, comprese le cartelle cliniche degli interventi.L’avv. Di Palma, decide di inviare subito al liquidatore responsabile dell’istruzione del sinistro la perizia del prof. Zacchia.
La Compagnia riceve la documentazione e una settimana dopo circa invia presso lo studio dell’avv. Di Palma un assegno circolare intestato ai genitori del ragazzo.
L’avv. Di Palma, pur felicitandosi di aver comunque conseguito un primo risultato concreto in favore del suo assistito, non può evidentemente che accettare la somma offerta, largamente inferiore a quella che sarebbe dovuta applicando al caso le tabelle del danno biologico del Tribunale di Milano, soltanto in acconto sul maggior dovuto, esplicitando formalmente tale riserva a mezzo di un’apposita missiva.
L’invito formulato dal legale del giovane Sabatini rimane naturalmente lettera morta, sicchè l’ avv. Di Palma, trascorso il termine assegnato alla Compagnia, riconvoca i clienti per valutare insieme il da farsi. Tenuto conto che la questione riguarda nella sostanza il solo quantum, posto che la formale contestazione di responsabilità della Compagnia appare in realtà solo rituale, la soluzione per accelerare quanto più possibile i tempi della definizione potrebbe essere quella di promuovere un giudizio per accertamento tecnico preventivo a fini compositivi, a norma dell’art. 696 bis del codice di procedura civile.
In quella sede, oltre a verificarsi l’ipotesi di una colpa professionale, si potrà - soprattutto - accertare nel contraddittorio delle parti e con la garanzia della giurisdizione, l’effettiva entità del danno fisico (e psichico) conseguente all’errore e dunque dirimere il contenzioso sull’ammontare del risarcimento. La procedura è assai rapida e si concreta sostanzialmente in una consulenza tecnica all’esito della quale il perito nominato dal giudice tenta direttamente la conciliazione tra le parti.
Alla data fissata per l’udienza i difensori unitamente al consulente nominato dall’ufficio, possono finalmente assistere al conferimento dell’incarico peritale.
Il consulente dell’ufficio, alle cui operazioni hanno attivamente partecipato i due consulenti rispettivamente nominati dalle parti, deposita nel termine di 60 giorni all’uopo assegnatogli la propria relazione tecnica. Il documento convalida nella sostanza i contenuti della relazione stragiu-diziale versata in atti da parte del ricorrente. Il C.T.U. conferma una per una le censure mosse all’operato dei sanitari e riconosce un danno alla persona che, pur con qualche differenza di dettaglio, si avvicina a quello descritto nella perizia del prof. Zacchia.


fonte: Avvocati.it



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